Studio legale associato Forensis

Forensis

Studio legale associato

Estorsione o esercizio arbitrario delle proprie ragioni ? il discrimine è nel profitto

L’imputato B.O. veniva rinviato a giudizio per la fattispecie di sequestro di persona a scopo di estorsione, ai sensi dell’art. 630 c.p., perché in concorso con altri suoi connazionali, privava della libertà personale S. S., al fine di ottenere da quest’ultimo, quale prezzo per la sua liberazione, la corresponsione della somma di € 400,00, importo pattuito per l’acquisto di un’autovettura consegnata da uno degli imputati alla stessa vittima ( e già in suo possesso ). La vittima, condotta in una campagna e successivamente percossa, era rimasta in balia dei suoi aggressori per il solo tempo strettamente necessario alla richiesta del preteso denaro. Successivamente, avvertita la sorella, e solo al suo accorrere, si decisero a portare la vittima in ospedale.

Ebbene, il tribunale del riesame, pur confermando i gravi indizi di colpevolezza a carico degli imputati, ha ritenuto di dover accogliere le doglianze della difesa in merito alla corretta qualificazione giuridica del fatto, non inteso come sequestro di persona a scopo di estorsione ( art. 630 c.p. ), bensì come sequestro di persona ( art. 605 c.p. ) ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni ( art. 393 c.p. ), dal momento che la richiesta di danaro trovava la sua ragion d’essere in un accordo relativo alla vendita dell’autoveicolo e non rispettato dalla vittima. Il Tribunale della Libertà ha ritenuto in sostanza di dover aderire all’ormai pacifico orientamento giurisprudenziale, ribadito anche da un recente arresto – sent. 42940/2014, secondo cui “l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona e l’estorsione si distinguono non per la materialità del fatto, che può essere identico, ma per l’elemento intenzionale: nell’estorsione, l’agente mira a conseguire un profitto ingiusto con la coscienza che quanto pretende non gli è dovuto; nell’esercizio arbitrario, invece, l’agente è animato dal fine di esercitare un suo preteso diritto nella ragionevole opinione, anche errata, della sua sussistenza, pur se contestata o contestabile; di conseguenza, deve affermarsi che l’intensità e/o la gravità della violenza o della minaccia non è un elemento del fatto idoneo ad influire sulla qualificazione giuridica del reato. Pertanto, ove la violenza e/o la minaccia, anche se particolarmente intense o gravi, siano effettuate al solo fine di esercitare un preteso diritto, pur potendo l’agente ricorrere al giudice, non è mai configurabile il diverso delitto di estorsione che ha presupposti giuridici completamente diversi. 

Note

Il tribunale del riesame di Napoli accoglie il ricorso presentato dall’avvocato difensore e riqualifica il reato nella fattispecie meno grave dell’esercizio arbitrario

Informazioni sull’autore

*/?>