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Lesioni e Maltrattamenti : due facce di due medaglie diverse.

Riprendendo un costante orientamento, il Supremo Collegio – con la sentenza nr 5300/2015, V sezione penale, depositata il 04/02/2015 – ribadisce ancora una volta il principio secondo cui il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce anche gravi, ma non quelli di lesioni, danneggiamento ed estorsione, attesa la diversa obiettività giuridica dei reati.

Leggiamo l’art. 572 del codice penale (Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli): “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni”.

Anche se inserito nel libro dedicato ai delitti contro la famiglia, il reato di maltrattamenti è, di fatto, riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali siano sorti rapporti assidui di convivenza o di coabitazione, rientrandovi, ormai pacificamente, i rapporti di stabile convivenza anche al di fuori della famiglia legittima.

In merito all’elemento soggettivo richiesto dall’art. 572 c.p., sempre riferito all’agente, è necessario che vi sia la coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità. Si tratta di un reato necessariamente abituale che renda manifesta l’esistenza di un programma criminoso relativo al complesso dei fatti ed animato dalla volontà di vessare il soggetto passivo.

Trattandosi di un reato a forma libera, per la realizzazione del delitto di maltrattamenti, nella nozione di “maltrattamenti” possono rientrare sia le aggessioni fisiche in senso stretto (percosse, lesioni) sia, in generale, tutti quegli atti vessatori che determinino in capo alla vittima stessa uno stato di soggezione ed umiliazione tale da generare su di essa un senso di oppressione.

Normalmente, vista la diversa oggettività giuridica, il reato di cui all’art. 572 può concorrere materialmente con quello di estorsione, di atti persecutori, mentre è possibile il concorso tra violenza sessuale e maltrattamenti solo laddove la condotta integrante il reato di maltrattamenti in famiglia “non si esaurisca negli episodi di violenza sessuale, ma s’inserisca in una serie d’atti vessatori e percosse tipici della condotta di maltrattamenti” (così Cass. sez. III, 12 novembre 2008 n. 46375; conformi Cass. sez. III, 15 aprile 2008 n. 26165 e, da ultimo, Cass. sez. I, 17 maggio 2012-21 marzo 2013 n. 13349). Può concorrere, in buona sostanza, solo laddove vi sia un dolo unitario e programmatico. Viceversa, quando la condotta è autonoma rispetto a quella che ha caratterizzato i reati sessuali, si avrà sempre concorso formale di reati.

Per quanto riguarda i rapporti tra i maltrattamenti e le lesioni l’indirizzo giurisprudenziale prevalente , seguito anche dalla richiamata sentenza, considera assorbiti nei maltrattamenti i reati di percosse e minacce anche gravi, ma non il reato di lesioni personali, considerata la diversa obiettività giuridica tra i due reati. (Cass. sez. II, 13 dicembre 2012-4 aprile 2013 n. 15571; Cass. sez. VI, 28 marzo 2012 n. 13898; Cass. sez. I, 9 novembre 2005-24 febbraio 2006 n. 7043; Cass. sez. VI, 11 maggio 2004 n. 28367).

Si tratterebbe, secondo la Cassazione, al pari del danneggiamento e dell’estorsione, di reati con una diversa natura giuridica, non ravvisandosi in essi alcun rapporto di specialità, poiché gli elementi costitutivi dei due reati sono del tutto differenti non presentando elementi comuni.

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