Denuncia e querela
La denuncia è l’atto mediante il quale qualunque persona, che non vi sia obbligata, porta a conoscenza del pubblico ministero o di un ufficiale di polizia giudiziaria un fatto costituente reato perseguibile di ufficio del quale ha avuto notizia.
A differenza della denuncia da parte di pubblici ufficiali, prevista dall’art. 331 c.p.p., la denuncia da parte di privati, di cui all’art. 333 c.p.p., è facoltativa.
Solo in alcuni casi, tassativamente determinati, è obbligatoria, e la relativa inosservanza è sanzionata penalmente. Segnatamente, si ha l’obbligo di presentare denuncia, pena la commissione di un reato, nei seguenti casi:
-
Omessa denuncia da parte del cittadino che abbia conoscenza di un delitto contro la personalità dello Stato per il quale la legge prevede la pena dell’ergastolo (art. 364 c.p.);
-
Omessa denuncia di cose provenienti da reato (709 c.p.);
-
Omessa denuncia di materie esplodenti (art. 679 c.p.);
-
Omessa denuncia di smarrimento o di furto di armi o di parte di esse o di esplosivi (art. 20, commi 3 e 4, legge 18 aprile 1975, n. 110);
-
Omessa denuncia di rinvenimento di armi o di parti di esse o di esplosivi (art. 20, commi 5, 6, e 7, legge n. 110/1975);
-
Omessa o tardiva denuncia in ordine a fatti o circostanze relative a sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 3, comma 1, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8).
La denuncia può essere presentata al pubblico ministero o ad un ufficiale di polizia giudiziaria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale e può avere forma scritta o orale; nel primo caso, della avvenuta presentazione viene redatto verbale, nel secondo caso è necessaria anche la sottoscrizione del denunciante o del procuratore speciale.
Per la denuncia da parte di privati non è previsto alcun contenuto tipico minimo, sicché è sufficiente qualsiasi indicazione idonea a delineare, sia pure nei suoi tratti essenziali, il fatto che si ritiene penalmente rilevante.
Nei casi di denuncia obbligatoria, invece, pur non essendo previsto alcun contenuto tipico, occorre che gli elementi riferiti non siano talmente generici e vaghi da far vanificare l’adempimento del dovere di collaborazione imposto e, quindi, lo scopo sotteso alla scelta legislativa di rendere obbligatoria la denuncia (TRANCHINA, in Diritto processuale Siracusano e altri, II, 37).
In base a quanto espressamente previsto dall’art. 107 disp. att. c.p.p., il denunciante ha diritto di ottenere l’attestazione, da parte dell’autorità, che può essere apposta anche in calce alla copia dell’atto, della ricezione dell’autorità della avvenuta presentazione della denuncia.
Le denunce anonime
Ai sensi dell’art. 333, comma 3, c.p.p. “delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall’art. 240
Dunque, le denunce anonime non sono idonee a determinare l’apertura di un fascicolo. Tuttavia – anche sulla scorta di un intervento, sul punto, della Corte Costituzionale con la sentenza 27 dicembre 1974, n. 300 – si ritiene che deve considerarsi legittima la facoltà del P.M. di attivare una qualche investigazione che possa prendere spunto da una qualsiasi fonte e, quindi, anche da una denuncia anonima.
Ciò, sulla base del rilievo che l’art. 330 c.p.p. attribuisce il potere al P.M., in uno con la polizia giudiziaria, di apprendere notizie di reato di propria iniziativa, sicché, nei casi di delazione anonima, di informazioni provenienti dai media o di voce pubblica o di fatto notorio, il magistrato della Procura della Repubblica viene in contatto con un patrimonio conoscitivo che, sebbene non qualificato, non può essere a priori ignorato, pena un affievolimento del principio di obbligatorietà dell’azione penale.
In conclusione, quindi, l’impostazione maggioritaria, contrariamente a quanto sembrerebbe emergere dal tenore letterale della norma citata, ritiene legittimo l’utilizzo della denuncia anonima come stimolo investigativo, potendo tale atto svolgere una funzione orientativa e costituire il presupposto per investigazioni strumentali alla individuazione della notitia criminis.
La querela
La querela è un atto a forma libera attraverso il quale – come stabilisce l’art. 336 c.p.p. – la persona offesa manifesta la propria volontà di procedere in relazione ad un fatto previsto dalla legge come reato per il quale non debba procedersi d’ufficio.
Differenza tra denuncia e querela
Differenza principale, pertanto, rispetto alla denuncia, è costituita dal fatto che la querela attiene ad un reato punito, appunto, “a querela di parte”, donde la natura di condizione di procedibilità che la stessa assume. Ciò vuol dire che, nei casi di reati non procedibili d’ufficio, in assenza di valida querela non sarà possibile mettere in moto la macchina giudiziaria.
La Corte Costituzionale ha costantemente ribadito che la scelta del regime di procedibilità di un reato è affidata a valutazioni discrezionali del legislatore che presuppongono bilanciamenti di interessi e opzioni di politica criminale e che, pertanto, sono sindacabili in sede di giudizio di legittimità costituzionale solo per vizio di manifesta irrazionalità (Corte cost., 23 maggio 2003, n. 178, Giur. cost. 2003, 1385).
Il diritto di proporre querela, fatta eccezione per le ipotesi previste espressamente dalla legge, è un diritto personalissimo e si estingue con la morte della persona offesa.
Ciò significa che se la persona offesa muore prima di aver proposto querela e non in «conseguenza» del reato (art. 90, comma 3), il diritto in questione non può essere esercitato dagli eredi o dai congiunti del defunto; se, invece, la morte sopravviene dopo la proposizione della querela, l’azione penale può essere promossa, essendo stato rimosso l’ostacolo alla procedibilità (Così G. LATTANZI, E. LUPO, Codice di procedura penale: rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Volume V, (a cura di) P.SILVESTRI, Giuffrè, 2013, p. 133).
Il contenuto della querela
È affermazione consolidata quella secondo cui gli elementi fondanti il contenuto dell’atto di querela sono due: la rappresentazione del fatto di reato e la volontà del querelante.
Sotto quest’ultimo profilo, assume rilievo l’intento di perseguire un determinato fatto-reato al di là della esatta indicazione del suo autore; si ritiene, infatti, possibile esercitare l’azione penale in relazione ad un reato perseguibile a querela anche nel caso in cui in questa sia indicata erroneamente, come autore, una persona diversa (CANTONE, Brevi note sul contenuto della querela, in Arch. n. proc. pen. 1998, 100).
Sotto il profilo descrittivo, si è chiarito, in conformità all’orientamento consolidato, che la necessità che la querela contenga l’esposizione del fatto previsto dalla legge, non implica per il querelante un onere di indicazione e qualificazione giuridica, spettando invece al giudice il compito di sussumere il fatto descritto in una delle fattispecie penali (Cass., Sez. VI, 11 maggio 2000, n. 10537/00, Migliore, C.E.D. Cass., n. 217365).
La forma della querela
Le formalità che devono connotare la dichiarazione di querela sono indicate nell’art. 333 c.p.p. secondo cui «La dichiarazione di querela è proposta, con le forme previste dall’articolo 333 comma 2, alle autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato.
Quando la dichiarazione di querela è proposta oralmente, il verbale in cui essa è ricevuta è sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale».
La norma richiamata stabilisce, infine, che l’autorità che riceve la querela provvede all’attestazione della data e del luogo della presentazione, all’identificazione della persona che la propone e alla trasmissione degli atti all’ufficio del pubblico ministero.
La querela, pertanto, produce effetti solo in quanto portata a conoscenza di alcuni soggetti specificati dalla legge (pubblico ministero, ufficiale di polizia giudiziaria, agente consolare all’estero).
Termine di presentazione della querela
L’art. 124 c.p. prevede che il diritto di querela sia esercitato, salvo che la legge disponga altrimenti, entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato (ai sensi dell’art. 609-septies, comma 2, il termine per proporre querela nei delitti di cui agli artt. 609 bis, 609 ter e 609 quater è di sei mesi).
La giurisprudenza ha chiarito che il termine per proporre la querela è di tre mesi e non di novanta giorni, sicché la scadenza di un termine stabilito a mesi si verifica, ex art. 14 c.p., nel giorno corrispondente a quello in cui è iniziata la decorrenza, secondo il calendario comune, indipendentemente dal numero dei giorni di cui è composto ogni singolo mese (Cass., sez. V, 25 gennaio 2008, n. 9572/08, Cass. Pen. 2009, 1054).
L’esposto
L’esposto trova la sua fonte normativa nell’art. 1 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, il quale stabilisce che l’autorità di pubblica sicurezza, per mezzo dei suoi ufficiali, provvede, a richiesta dei cittadini, alla bonaria composizione dei dissidi privati.
Si tratta, pertanto, di un atto attraverso il quale un cittadino chiede l’intervento dell’Autorità di Pubblica Sicurezza al fine di comporre una controversia tra privati.
Cosa succede se si presenta un esposto?
A seguito della presentazione di un esposto (che dovrà avvenire per iscritto), l’Ufficiale di Pubblica Sicurezza convoca le parti per tentare una conciliazione e redige apposito verbale.
Se nei fatti esposti emerge la sussistenza di un fatto penalmente rilevante, e questo è procedibile d’ufficio, l’Ufficiale di Pubblica Sicurezza deve redigere comunicazione di notizia di reato e trasmetterla alla Procura della Repubblica territorialmente competente.
Invece, se il fatto esposto dovesse configurare un reato procedibile a querela di parte, ferma la possibilità di giungere ad una composizione bonaria della vertenza attraverso l’Autorità di Pubblica Sicurezza richiesta dell’intervento, il titolare del diritto potrà sempre riservarsi di procedere, come abbiamo visto, nel termine di tre mesi.
Differenza tra esposto, denuncia e querela
La differenzia sostanziale tra l’esposto, la denuncia e la querela, risiede nel fatto che con il primo atto il soggetto interessato si limita a segnalare un determinato accadimento all’Autorità di P.S. sollecitando un intervento finalizzato alla composizione della controversia in atto; in questo caso, il soggetto non fornisce al fatto una qualificazione giuridica, di cui, il più delle volte, non ha certezza; non sa, in altri termini, se il fatto costituisca reato, ma si limita a segnalare l’esistenza di un dissidio, che, in ipotesi, potrebbe anche non essere sfociato in un fatto penalmente rilevante: l’obiettivo è quello di comporre la controversia, rimettendo all’Autorità di P.S. che interverrà le valutazioni del caso.
Attraverso gli istituti della denuncia e della querela, invece, il cittadino assume che il fatto di cui sia venuto a conoscenza integri una fattispecie delittuosa e si attiva – nell’una o nell’altra direzione a seconda, come abbiamo visto, che si tratti di reato procedibile d’ufficio oppure a querela di parte – per chiedere l’intervento dell’Autorità Giudiziaria e la punizione (nel caso della querela) del colpevole.
In ultima analisi, nel caso di presentazione dell’esposto, il soggetto destinatario dello stesso è l’Autorità di Pubblica Sicurezza e, solo eventualmente e secondariamente, l’Autorità Giudiziaria.
In caso di denuncia o di querela, invece, l’Autorità che verrà investita è la Procura della Repubblica.