Come si svolge l’udienza in Cassazione?
L’art. 6, comma 2, lett. a), b) e c) della l. 26 marzo 2001, n. 128 ha modificato l’art. 610 c.p.p. ridisegnando la procedura per la immediata declaratoria della inammissibilità dei ricorsi, attraverso l’introduzione di una sezione-filtro.
Così, mentre prima spettava al procuratore generale rilevare eventuali cause di inammissibilità dei ricorsi e richiederne la declaratoria alla sezione della Corte già designata per la loro trattazione, secondo l’attuale disciplina è il Presidente della Corte che procede a un preliminare esame dei ricorsi, prima che gli stessi vengano assegnati alle varie sezioni, e qualora rilevi una causa di inammissibilità degli stessi li assegna ad apposita sezione, prederminata (la settima sezione).
Pertanto, una volta rilevata una causa di inammissibilità del ricorso, lo stesso viene assegnato alla settima sezione il cui presidente fissa la data per la decisione in camera di consiglio, che viene comunicata dalla cancelleria, almeno trenta giorni prima, al procuratore generale e ai difensori, con l’indicazione della causa di inammissibilità rilevata.
L’udienza si svolge in camera di consiglio, senza l’intervento dei difensori; il richiamo al primo comma dell’art. 611 c.p.p. garantisce un contraddittorio cartolare, attraverso la facoltà, riconosciuta ai difensori, di depositare motivi nuovi e memorie.
A seguito della entrata in vigore del D.L.vo 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. “Riforma Cartabia”), il procedimento camerale è diventato il modello ordinario per la trattazione dei ricorsi, anche al di fuori del sopradescritto caso di rilevazione di una causa di inammissibilità, salvo che una delle parti, per mezzo del prorio difensore, richieda, attraverso apposita istanza da depositare entro un termine stabilito a pena di decadenza, la trattazione in pubblica udienza.
La differenza tra il primo caso (procedura camerale a seguito di assegnazione del ricorso alla settima sezione) e il secondo (procedura camerale ex lege per i ricorsi assegnati alle varie sezioni), sta nel fatto che solo con riferimento alla seconda ipotesi opera lo schema dell’istanza di trattazione orale, attraverso cui è possibile dterminare il mutamento dell’udienza da camerale a pubblica.
L’udienza pubblica in Cassazione
Lo schema procedimentale – in base a quanto sopra rilevato, meramente eventuale – della pubblica udienza è disciplinato dall’art. 614 c.p.p., a mente del quale «Le norme concernenti la pubblicità, la polizia e la disciplina delle udienze e la direzione della discussione nei giudizi di primo e di secondo grado si osservano davanti alla corte di cassazione, in quanto siano applicabili».
Sebbene la norma richiamata preveda che, in quanto applicabili, al giudizio dinanzi la Corte di Cassazione si applicano le norme concernenti la pubblicità, la polizia e la disciplina delle udienze e la direzione della discussione stabilite per i giudizi di primo e secondo grado, il dibattimento nel giudizio di legittimità «somiglia poco alla scena corrispondente nei gradi primo e secondo» (CORDERO, Procedura, 1172), essendo demandato all Corte solo il controllo sulla sentenza impugnata, con esclusione di qualsiasi attività istruttoria.
A differenza di quanto avviene in Tribunale e in Corte d’Appello, inoltre, dinanzi la Corte di Cassazione non è prevesta la comparizione personale delle parti, che partecipano all’udienza tramite i loro difensori.
Proprio per tale ragione, si è affermato che la sospensione del procedimento per incapacità dell’imputato, disciplinata dall’art. 70 c.p.p., non si applica nel giudizio davanti alla Corte di Cassazione, in quanto, in sede di legittimità, l’imputato non partecipa personalmente al processo e la sua difesa è affidata esclusivamente al difensore (Cass., Sez. IV, 17 maggio 2005, n. 28559/05, C.E.D. Cass., n. 232437).
Nel giudizio di legittimità non è consentita alcuna istruzione dibattimentale e non è permessa l’esibizione di nuovi documenti ad accezione di quelli che l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, e dai quali può derivare l’applicazione dello jus superveniens, di cause estintive o di disposizioni più favorevoli.
Con riferimento alle memorie difensive, si è affermato che la disposizione di cui all’art. 611, comma 1, che contempla la possibilità della loro presentazione, è applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica, oltre che in virtù della disposizione dell’art. 585, comma 4, avente valore generale in tema di impugnazioni, anche in considerazione della piena salvaguardia del contraddittorio sia nell’uno, sia nell’altro tipo di procedimento (Cass., Sez. I, 27 novembre 1995, n. 853).
Si è ulteriormente specificato che le memorie devono – a pena di inammissibilità – essere correlate, quanto al loro contenuto, ai motivi del ricorso stesso (Cass., Sez. I, 3 dicembre 1998, n. 2150: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto di non poter esaminare il rilievo formulato dalla difesa del ricorrente in una nota difensiva inerente un presunto vizio di motivazione non dedotto con i motivi di ricorso).
All’inizio dell’udienza il presidente procede alla verifica della costituzione delle parti e della regolarità degli avvisi, dandone atto a verbale e subito dopo il presidente o un consigliere da lui delegato svolge la relazione della causa.
La giurisprudenza ha ritenuto che debba essere dichiarato inammissibile de plano ai sensi dell’art. 625 bis, comma 4 c.p.p., il ricorso straordinario per errore di fatto con il quale, in relazione alla celebrazione dell’udienza in cassazione, si lamenti la mancata designazione di un difensore d’ufficio in sostituzione del difensore di fiducia, ritualmente citato e non comparso, in quanto il presidente del collegio deve provvedere, ai sensi dell’art. 614 c.p.p., soltanto alla verifica della regolarità degli avvisi (Cass., Sez. I, 28 ottobre 2004, n. 43931).
All’esito della relazione si procede alla discussione del procuratore generale e delle parti, qualora compaiano, nell’ordine stabilito dalla norma. Le repliche non sono ammesse, ma ai sensi dell’art. 171 disp. att., «se una questione è dedotta per la prima volta nel corso della discussione, il presidente può concedere nuovamente la parola alle parti già intervenute».