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Occultare la merce rubata non configura l’aggravante di cui all’art. 625 comma 1, n. 2, c.p.

La Suprema Corte di Cassazione, la con la sentenza 16685/2015, riprende l’orientamento delle sezione unite in merito all’aggravante del mezzo fraudolento nel reato di furto. Per il Supremo Collegio non basta nascondere  la merce rubata sotto i vestiti. in un centro commerciale per configurare l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 2, cod. pen.

Lo stesso collegio, inoltre, ha chiarito che, nelle ipotesi di furto semplice, perseguibili su istanza di parte, la querela può essere proposta anche dal responsabile, oltre che dal proprietario, dell’esercizio commerciale.

Il caso riguardava un uomo condannato in appello per furto (a 8 mesi e 200 euro di multa) per aver rubato un paio di scarpe da ginnastica ed averle nascoste sotto la felpa, ritenuta un mezzo fraudolento, da qui l’aggravante.

Il ragionamento condiviso dai giudici di Cassazione va nel senso di escludere l’aggravante in questione, atteso che   la condotta, posta in essere nel corso dell’iter criminoso, non sarebbe dotata di quella necessaria efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza volta a sorprendere la contraria volontà del detentore ed a vanificare le difese che questi ha apprestato a difesa della cosa». «Tale insidiosa, rimarcata efficienza offensiva – precisa la Corte – non si configura nel mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita a self service, trattandosi di banale, ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a difesa del bene» (n. 40354/2013).

Con riferimento alla questione relativa alla legittimazione a proporre la querela, gli ermellini, ritenendo infondata la questione, evidenziano come «il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne». «Tale relazione di fatto con il bene – spiega la Corte – non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può configurare anche assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce in modo clandestino o illecito. Ne discende che, in caso di furto di una cosa esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla proposizione della querela è anche il responsabile dell’esercizio stesso, quando abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce» (ex multis Cassazione n. 40354/2013).