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LA CIRCOSTANZA AGGRAVANTE DELLA MINORATA DIFESA PUBBLICA O PRIVATA DEVE ESSERE OGGETTO DI SPECIFICA VALUTAZIONE IN CONCRETO

In data 07/05/2018 l’imputato ricorreva in Cassazione, a mezzo dei propri difensori di fiducia avv.ti Marco Alois e Pierluigi Grassi, per violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen., avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Nola in data 11/07/2017, con cui G. N. veniva condannato per il reato di cui agli artt. 56, 61 n. 5, 624, 625 n. 2, 99 coma 4, cod. pen. in riferimento agli artt. 125 cod. proc. pen. e 61 n. 5, cod. pen., avendo modo di precisare come la Corte di merito non avesse tenuto conto della ratio sottesa alla contestata circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 5, cod. pen., che non può essere configurata, in riferimento all’astratta idoneità rappresentata da una situazione collocata in tempo di notte, bensì con riferimento alla concreta diminuzione della capacità difensiva.

Detta diminuzione, nel caso di specie, non sussisteva, alla luce della presenza di un sistema di videosorveglianza che, non a caso, aveva impedito la consumazione del reato stesso. Infatti,  proprio l’utilizzazione del verbo “profittare” nel corpo del testo normativo indica, in effetti, come l’autore del reato debba trovarsi in una condizione di concreta, totale tranquillità; già la dottrina, pur riconoscendo la natura oggettiva dell’aggravante in esame, aveva avuto modo di chiarire come essa presupponga nell’agente necessariamente la consapevolezza della situazione di vulnerabilità del soggetto passivo, principio, a sua volta ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità. Pertanto, il semplice riferimento al tempo di notte ed al luogo in cui il delitto è stato consumato senza indicare per quali ragioni detti elementi sarebbero sintomatici di quella situazione di vulnerabilità in cui verserebbe il soggetto passivo e di cui l’agente avrebbe profittato, non è idoneo a sancire la sussistenza della richiamata circostanza aggravante.

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha precisato che, per costante giurisprudenza sul punto “L’accertamento dell’aggravante della minorata difesa richiede la valutazione in concreto del complesso delle condizioni che hanno facilitato l’azione criminosa, non rilevando l’idoneità astratta di una situazione quale il tempo di notte.” (Sez. 5, sentenza n. 32813 del 06/02/2019, Alvaro Mirko, Rv. 277086; conf. Sez. 2, sentenza n. 23153 del 19/12/2018, dep. 27/05/2019, 0., Rv. 276655; Sez. 5, sentenza n. 53409 del 18/06/2018, Picardi Antonietta, Rv. 274187; Sez. 4, sentenza n. 53570 del 05/10/2017, Torre ed altro, Rv. 271259; Sez. 4, sentenza n. 53343 del 30/11/2016, Mihai Rv. 268697); inoltre, “La circostanza aggravante della minorata difesa si fonda su una valutazione in concreto delle condizioni che hanno consentito di facilitare l’azione criminosa, sicché non vale ad integrare automaticamente la stessa la sola situazione astratta del tempo di notte.” (Sez. 4, sentenza n. 30990 del 17/05/2019, Tanzi Massimo, Rv. 276794).
La circostanza aggravante in esame – alla stregua di tutte le circostanze aggravanti – è suscettibile di determinare un aggravamento sanzionatorio in funzione di una situazione in cui si accentuano le potenzialità lesive di determinate condotte, aggressive di beni alla cui tutela le norme penali sono preposte. Ne consegue, quindi, che solo la valutazione, in concreto, della maggiore offensività della condotta può giustificare un incremento sanzionatorio anche lieve.
Pertanto, l’incremento sanzionatorio sottostante all’aggravante in questione, non può discendere da un’astratta valutazione dei fatti, ma dalla concreta possibilità che dalla situazione reale l’agente abbia effettivamente tratto un vantaggio, in ragione della obiettiva portata offensiva della sua condotta.

 

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